Gli oliveti con il pedigree

Battute conclusive per  il progetto Rustica e Gentile della Valle Peligna , avviato  dal  Gal AIAS, che prevede tra l’altro un continuo monitoraggio della salubrità degli olivi osservati con  prelievi da 15 campioni di piante della Valle Peligna e nello specifico da tre diversi appezzamenti ubicati a Pettorano sul Gizio, Raiano e Sulmona.

I prelievi (di foglie e legno), condotti dall’Università di Teramo, l’olio prodotto sottoposto ad  analisi con l’Oxitester al fine di capire cosa e quali sostanze eventualmente mancano e come intervenire per migliorane la qualità e soprattutto la resa delle due  varietà che anche nei giorni scorsi sono state sottoposte a prelievo per determinare la migliore “cura” al fine di migliorare qualità e soprattutto quantità della produzione evitando cioè quel fenomeno che si verifica in Valle Peligna di “carico e scarico”.

Insomma, un checkup completo, come se gli ulivi fossero dal medico: le analisi, la diagnosi e poi la cura per dare loro un pedigree.

In pratica dopo un lungo ed elaborato processo, che prevede il trattamento fino ad essiccazione delle foglie, selezionate in campioni di 80 su cinque piante di ogni appezzamento, in punti precisi e definiti, si capirà quali sostanze minerali e nutritive mancano alle piante, per così intervenire con concimazioni e trattamenti mirati, che non comprendano sostanze chimiche o azoto, ma che rispettino la sostenibilità e la qualità biologica della coltivazione.

L’obiettivo è quello di migliorare quantità e qualità della varietà Rustica e Gentile – spiega Fausto Ruscitti, capofila del progetto Oli.Val.Pe. – sarà un processo di studio che durerà almeno un anno e ci permetterà di comprendere l’efficacia dei ‘correttivi’ apportati sulla qualità e quantità del prodotto. Alla fine del ciclo vegetativo verificheremo come e quanto sono cambiati i parametri e soprattutto se ci sono miglioramenti nella regolarità della produzione, che poi è il limite di questa varietà territoriale, che presenta un’alta qualità, ma poca regolarità produttiva”.

 

Con il contributo di